Orbassano, la scrittrice Calandrone: “I genitori di Chiara come i miei, il loro un omicidio sociale”

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(Adnkronos) – "Quello dei genitori di Chiara, come quello dei miei, è stato un omicidio sociale. La morte di mia madre Lucia e di mio padre Giuseppe è stata, e lo sottolineo, un atto di fortissima autodeterminazione politica, un gesto che è stato rivendicato pubblicamente". Così all'Adnkronos la scrittrice e poetessa Maria Grazia Calandrone interviene sulla vicenda che ha colpito la famiglia Giacoletto di Orbassano, in provincia di Torino, dove Alessandro e Cristina, dopo aver perso la figlia 28enne Chiara due anni fa, hanno deciso di togliersi la vita. La ragazza, nel 2022, si sarebbe impiccata perché non riusciva a sostenere il peso delle violenze sessuali subite da un suo parente. Anche nella vita di Calandrone c'è un'esperienza tragica: a soli 8 mesi di vita, la scrittrice perse i genitori che si suicidarono lanciandosi nel Tevere, dopo che la madre era stata denunciata per adulterio. Storia che lei stessa racconta nel suo romanzo "Dove non mi hai mai portata". "Un figlio suicida è veramente qualcosa che non è tollerabile, non è concepibile – sottolinea Calandrone – vieni travolto dal sentimento di aver sbagliato tutto. In più il senso di colpa per non essersi accorti in tempo o non aver saputo gestire… Io mi immedesimo come madre più che come figlia in questa tristissima vicenda: non so se la ragazza si fosse confidata con i genitori o se loro hanno scoperto il suo dramma soltanto nel momento in cui si è tolta la vita. Tuttavia, identificandomi con questo padre e questa madre, capisco che vedere morire una figlia così sia qualcosa di insopportabile. Essere vivi diventa quasi un insultoCerto, se avessero avuto altri figli avrebbero avuto un motivo forte per continuare a vivere, ma in quest'abisso di solitudine evidentemente non hanno visto via d'uscita". "Dovrei dire che tutti i dolori possono essere superati, ma non penso sia così. Questa famiglia è stata devastata: la perdita di una figlia, per di più suicida, è il dolore peggiore che si possa immaginare. Perché è completamente innaturale, non esiste neanche la parola nella lingua italiana per descrivere questa condizione: esiste 'orfano', ma 'orfano di un figlio'? Non esiste la parola in nessuna lingua, credo".  L'auto-colpevolizzazione da parte dei genitori, dunque, per Calandrone, "è inevitabile, perché sapere che, nonostante tutto l'amore, non sono riusciti a salvarla da se stessa, a salvarla da questo incubo è qualcosa che non si può sopportare".  "Leggo che la persona che ha abusato di questa ragazza è morta. Posso dire? Meno male – sottolinea Calandrone – Questo pedofilo ha tre morti sulla coscienza. Una cosa che ci terrei a sottolineare è quanto danno si fa, al di là delle proprie volontà, al di là della propria immaginazione, per soddisfare una voglia così momentanea e criminale. Quanto danno si fa se poi, a distanza di anni, una ragazza arriva a compiere un gesto del genere e di conseguenza i suoi genitori? Questo morto ha tre morti sulla coscienza".  "Io esorterei a riflettere sui danni che si creano, al di là anche della propria volontà malevola – conclude la scrittrice -. L'unica cosa che mi viene da dire è che spero che questa tragedia possa servire almeno a far riflettere chi dovesse trovarsi a sentire delle pulsioni così aberranti. Che possano fermarsi a pensare: 'Oddio, non è che un domani mi trovo ad avere sulla coscienza questa ragazza, questa persona, questa bambina?'". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)


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